I Buonarroti nel Chianti. L’acquisto di Michelangelo del 1549

 

Su La Nazione del 21 febbraio 2018 si è appreso della vendita relativa alla possessione che fu di Michelangelo Buonarroti in Chianti, ossia loc. La Torre, vicino la frazione de La Piazza a Castellina.  <<Con 7 milioni e 451.715 mila euro potete comprarvi la casa appartenuta a uno dei più grandi artisti di sempre: Michelangelo Buonarroti. E’ in vendita Il Torrino di Michelangelo, a Castellina in Chianti>>. Così recita l’articolo di giornale da cui, poi, hanno attinto numerose testate nazionali.

Podere La Torre, Castellina in Chianti. Foto de La Nazione

Ci preme a questo punto fare un po’ di chiarezza. La questione, in realtà, è già ben nota agli addetti ai lavori. Fin dalle prime pubblicazioni della corrispondenza di Michelangelo si fa cenno anche ai beni posseduti fuori città, quindi in Chianti. Anche di recente, in libri e articoli riguardanti il celebre scultore, le informazioni sembrano essere abbastanza chiare. Il prof. Rab Hatfield, studioso americano di Michelangelo, nel suo libro The Wealth of Michelangelo (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002) specifica più volte la consistenza dei beni chiantigiani della famiglia Buonarroti. Con questo articolo, quindi, intendiamo sottolineare ulteriormente di quali beni parliamo dopo aver verificato vari documenti d’epoca che si conservano in copia anche nel nostro archivio associativo.

Non un solo podere in Chianti ma ben quattro, oggi rappresentanti tutti distinte attività produttive. 

I beni chiantigiani, prima di esseri acquistati da Michelangelo Buonarroti, appartennero alla famiglia De Nobili, un’antica famiglia originaria della Valdelsa e da subito filomedicea. Ebbe molti membri importanti tra cui ricordiamo solo il cav. Guccio di Cino, priore nel 1374 e ambasciatore a Roma nel 1378. All’epoca della transizione, i beni risultavano intestati ancora a Giovanfrancesco di Antonio di Leonardo De Nobili, già priore e gonfaloniere di giustizia, poi eletto senatore e commissario di Pistoia. Nel 1534, la possessione detta Torre al Colle, popolo di S. Giorgio a Grignano, è di Giovanfrancesco (ASF, Dec. Grand, 3606, c. 41r) e ai De Nobili appartenne fin dal 1427. Costui abitava a Firenze nel popolo di Santa Felicita, nella Via de Bardi, e oltre a vari possedimenti tra Castellina e Greve in Chianti (S. Maria a Petriolo), era titolare di una bottega da sarto in Via Porta Rossa, zona all’epoca piena di botteghe di artigiani dell’Arte della Seta, e di una bottega poco distante <<a uso d’arte di lana, con un’abitazione sopra>> . Possedeva anche un palazzo nel popolo di S. Michele Visdomini.

Dichiarazione fiscale di Giovanfrancesco de Nobili del 1534. Particolare del possedimento di Torre al Colle, popolo di S. Giorgio a Grignano, Castellina in Ch. (ASF, Dec Grand, 3606, c. 41)

 

 

 

 

 

Possiamo affermare con certezza che la possessione chiantigiana così come la comprò Michelangelo fu realizzata proprio da Giovanfrancesco De Nobili, il quale all’antica proprietà de La Torre aggiunse tra il 1504 e il 1527, acquistando da contadini locali, terre e poderi limitrofi.

Nella fitta corrispondenza tra Michelangelo Buonarroti e suo nipote Leonardo, si parla spesso di vari acquisti immobiliari, tra cui anche di quello chiantigiano. Michelangelo sembra molto interessato all’acquisto ed esorta il nipote a non preoccuparsi “de denari”. Attraverso due polizze di cambio agli Altoviti e a B. Bettini, Michelangelo fa pervenire a Leonardo Buonarroti, i primi di giungo del 1549, ben 1.500 scudi d’oro, ossia parte dei suoi guadagni ottenuti mentre lavorava a Roma per il papa.

La proprietà di Giovanfrancesco De Nobili fu venduta con atto del 18 giugno 1549 (rogato ser Piero di Lodovico Gemmari, anche detto Dell’Orafo) a Michelangelo Buonarroti rappresentato dal nipote Leonardo. Bisogna premettere che se leggessimo solo l’arroto del 1549, ossia la voltura dei beni passati da un proprietario all’altro, non si capirebbe bene l’estensione e le esatte denominazioni dei vari immobili. Così com’erano intestati ai De Nobili, vengono trasmessi ai Buonarroti. L’atto notarile di compra-vendita, invece, specifica chiaramente che la possessione era costituita da ben 4 poderi. A curare la pratica fu l’Ufficio de Pupilli per conto dell’eredità spettante a Pierantonio, figlio del fu Giovanfrancesco De Nobili, e alla vedova Simona Guicciardini. Tale Ufficio si occupava della tutela dei minorenni il cui padre fosse morto senza nominare un tutore e delle vedove, per quanto riguardava la salvaguardia dei loro beni e relative esecuzioni testamentarie. In questa voltura del 1549, si legge che i beni di tale eredità <<comprò detto Michelangelo di Ludovico Buonarroti per fiorini 2.300 […] dagli ufficiali de pupilli, curatori della eredità di Pierantonio di Giovanfrancesco de Nobili >>. (fonte: ASF, Dec Grand, 2256, c. 216). 2300 fiorini è il costo dei poderi al netto di spese e imposte.

 

Voltura dei beni chiantigiani De Nobili al nuovo proprietario, Michelangelo. In alto, si legge bene podere detto “Torre al Colle”. (ASF, Dec Grand, 2256, c. 216)

 

Michelangelo, dunque, diventa proprietario del podere Torre al Colle, eredità di una più antica casa-torre medievale, il cui primo riferimento, effettivamente, si ritrova in una pergamena della Badia di Passignano del marzo 1049 (ASF, Diplomatico, Passignano, tomo 61/I, carta 61 r).

Si veda, adesso, il contenuto dell’atto notarile del 18 giugno 1549 (ASF, Not Ant., 8733, cc. 328v-332v) Qui si apprende che la proprietà De Nobili ceduta a Michelangelo dagli Ufficiali de Pupilli, consisteva esattamente nei seguenti beni posti nel popolo di S. Giorgio a Grignano:

  1. Podere con casa da lavoratore e un poco da Oste (cioè da padroni), con terre lavorative, vitate, olivate, luogo detto alla Torre al Colle.
  2. Podere con casa da lavoratore e terre lavorative, vitate e olivate, luogo detto alla Casa Nova (i cui terreni, oggi, sono della famiglia Bucciarelli).
  3. Podere con casa da lavoratore e terre lavorative, vitate, fruttate e sode, luogo detto Il Colle.
  4. Podere con terre lavorative, vitate e olivate in luogo detto a Grignanello.
  5. Un terreno boschivo (marroneto e castagneto), sito nel popolo di Santa Maria a Petriolo (comune di Greve), luogo detto Selvole ovvero La Colombaia (attuale toponimo le Colombaie).

 

Atto di compra-vendita del 18 giugnio 1549. In rosso si evidenzia il nome di Michelangelo definito “egregium sculptorem”. (ASF, Not. Ant., 8733, cc. 328-332)

 

Da questo documento, quindi, si comprende che la proprietà acquistata da Michelangelo Buonarroti consistette nel podere La Torre, l’unico ad avere anche un’area residenziale per accogliere la presenza dei proprietari (più tardi ci sarà anche un frantoio posto sotto l’area padronale); il podere Casa Nova, del quale solo la casa colonica è di proprietà Nittardi mentre la Capanna con tutti i terreni dei Buonarroti sono, oggi, della fam. Bucciarelli; il podere Il Colle che, come già ben vide il prof. Hatfield, corrisponde a Casavecchia (proprietà Buondonno), podere posto sullo stesso colle, appunto, de La Torre; e, infine, il podere Grignanello, storica proprietà Galilei. Questo podere era suddiviso in tre proprietà, una delle quali, più modesta rispetto alle restanti, fu acquistata dai De Nobili da un contadino locale (Mariano di Verdiano) nel 1513. 

Per ottenere maggior conferma di quanto esposto basterebbe consultare il seicentesco Stato delle Anime della parrocchia di S. Giorgio a Grignano (o, anche, quello di Santa Maria a Monteripaldi, detta pure di Grignano) ma, essendo i beni rimasti in Casa Buonarroti fino al 1867, un rapido controllo sul Catasto Leopoldino del 1825, mostra come le particelle relative ai suddetti poderi fossero all’epoca tutte intestate a Michelangelo Buonarroti di Leonardo, discendente del più noto scultore rinascimentale.

 

Per quanto concerne, invece, l’eventuale trasferimento, foss’anche temporaneo, del grande Michelangelo presso la sua tenuta in Chianti, a un primo sguardo non sembrano esserci prove certe. Sicuramente il nipote Leonardo visitò queste contrade per meglio valutare l’agognato affare ma non siamo certi che il Maestro fece lo stesso. In quel periodo, inoltre, era ampiamente indaffarato a Roma in una moltitudine di progetti e l’età avanzata (aveva già 74 anni quando fece acquistare i poderi chiantigiani nel 1549), accompagnata anche da qualche periodo di malattia, mal si coniugherebbe con un’eventuale trasferimento in Toscana. Addirittura Cosimo I de Medici, nel 1563, fondando la Compagnia dell’Arte del Disegno (corporazione cui dovevano aderire tutti i migliori artisti operanti in Toscana) lo nominò Console di quest’Istituzione, titolo onorifico suggerito da Vasari e ultima azione per convincere il Buonarroti a tornare a Firenze. Rifiutò e rimase a Roma fino alla morte sopraggiunta il 18 febbraio 1564. Ciò però non escluderebbe che il maestro, almeno una volta nella sua vita, non avesse mai soggiornato a La Torre. Almeno ci piace sperarlo.

Relativamente, poi, alla nota espressione sul vino “trebbiano” presa dall’epistolario, ossia: << preferirei avere due barili di trebbiano piuttosto che otto camicie >>, questa non può riferirsi al vino chiantigiano poiché la lettera fu scritta nel 1545 mentre i possedimenti in Chianti furono acquistati 4 anni dopo, nel 1549. Semmai, potrebbe essere utile citare alcune lettere del 1552-1553, con le quali Michelangelo ringrazia suo nipote per avergli spedito del vino trebbiano (44 fiaschi) che definisce “molto buono”, ma non siamo certi che provenisse proprio dal Chianti, almeno ciò non si evince dalla lettera del Maestro: bisognerebbe leggere quella del nipote per esser sicuri. Già da tempo i Buonarroti disponevano di numerosi beni, tra cui vari poderi vitati a Settignano, Rovezzano e Rifredi (ASF, Dec Grand, 3601, c. 41, anno 1534). Il desiderio di investire più che accumulare denaro era fortissimo in Michelangelo. Del resto, proprio lui disse al nipote, con una lettera del 18 febbraio 1546, <<io voglio comperare per fare un’entrata per me, perché non posso più lavorare>>.

Oggi il podere La Torre è una prestigiosa proprietà immersa nella celebre campagna chiantigiana e di certo va riconosciuto il notevole impegno profuso in tutti questi anni, fin dal 1973, dall’ing. Rinaldo Busoni, che fin da subito si adoperò restaurandolo e preservandolo nel tempo a gran beneficio dei presenti e, ovviamente, anche dei posteri. Stessa cosa però dicasi anche per gli altri poderi (Casa Nuova, Casavecchia e Grignanello) che pure furono, al pari de La Torre, del celebre scultore.

 

Vito De Meo