Di questo rinvenimento fortuito se n’è già parlato qualche mese fa, se pur in sintesi, sulle colonne de La Nazione Siena (13.06.2014), ma la particolarità dei manufatti nonché il contesto di rinvenimento meritano certamente un approfondimento.

Tutto è partito da un’escursione di alcuni soci del Gruppo Archeologico Salingolpe nelle località di Trebbio e Ferrale; escursione programmata per osservare la grande biodiversità dei nostri boschi e cercando di ripercorrere i sentieri di un’antica pianta del Trebbio rinvenuta dal Gruppo Salingolpe qualche mese prima. In quest’occasione, e su indicazione di Roberto Manganelli, socio fondatore e promotore del Censimento di Orchidee spontanee, è stato possibile rinvenire due antichi cippi di confine, entrambi con stemma araldico, distanti l’uno dall’altro non più di quattro metri.

Questi segnacoli sono caratterizzati da una forma rettangolare, più larga e abbozzata alla base, mentre la parte superiore è tondeggiante. Tutti e due misurano in lunghezza non più di un metro e sono in pietra serena. Un cippo è chiaramente contestualizzabile nel punto di rinvenimento mentre l’altro sembra essere fuori contesto (forse spostato in antico da mano umana o eventualmente disceso dal punto di origine a causa della pioggia), in quanto era del tutto fuori dal terreno, appoggiato in orizzontale.

 

I due cippi rinvenuti con stemma araldico della famiglia Bianciardi

Cippo di confine con stemma araldico della famiglia Bianciardi



Lo stemma araldico è lo stesso per entrambi e rappresenta la nobile famiglia Bianciardi, attestata a Castellina fin dalla prima metà del XV secolo. Lo stemma, infatti, è costituito da una scala a tre pioli sormontata da una stella a otto punte e con all’interno dei pioli due mezze lune crescenti (ASFI, Raccolta Ceramelli Papiani, n.671). Non vi è stata impressa alcuna data, ma solo le iniziali del proprietario: “C.B.”.

Della famiglia Bianciardi sono attestati beni immobili (terreni, poderi, ecc) fin dall’inizio del Cinquecento anche nella località in questione, ossia Tregole/Trebbio/Ferrale. Da una antica testimonianza cartografica (databile tra la fine del Seicento e il 1725) della zona, risultano ampie proprietà dei Bianciardi nella località di Tregole (si citano Lorenzo e Francesco Bianciardi, ad esempio). Secondo le nostre informazioni (basate su ricerche e studi documentati), eminenti e ricchi membri della famiglia Bianciardi aventi un nome che inizia con la lettera “C”, sono: dott. Cosimo, Pievano della chiesa del SS. Salvatore di Castellina (inizio Seicento – 1670); Clemente (attestato tra il 1667 e il 1723 ca.) e capitano Cosimo (morto nel il 1743).

Si ritiene che i cippi siano databili verosimilmente entro la prima metà del Settecento (se non prima), in quanto lo stile, alcuni particolari e il tipo di pietra utilizzata, corrispondono visibilmente allo stemma araldico posto sull’entrata, tutta in pietra serena, dell’oratorio di S. Francesco sito in via Ferruccio, nel centro di Castellina. Oratorio aperto al pubblico nel 1747 (secondo il testamento del capitano Cosimo succitato).

Anche se molto rovinato, è ancora osservabile il disegno dello stemma nobiliare e il particolare delle mezze lune nei pioli della scala, le quali sono due, come nei cippi (e nei documenti forniti per richiedere il patriziato fiorentino a metà Settecento), mentre in altri stemmi e riproduzioni tardo ottocenteschi e di primo novecento, presenti sempre nel centro storico di Castellina o in altre frazioni (vedi La Piazza), oltre ad essere caratterizzati da una maggior precisione delle forme, mostrano chiaramente una differenza, ossia l’inserimento di un’altra mezza luna nell’ultimo piolo della scala, la quale va a configurarsi come una scala contenente tre mezze lune anziché due (un altro stemma dei Bianciardi, sempre settecentesco, è possibile trovarlo sulla facciata del palazzo comunale di Fiesole, in quanto un membro di questa famiglia fu Podestà nel 1754), particolare che non caratterizza gli stemmi araldici pre settecenteschi.

Stemma del Podestà di Fiesole Pietro di Bartolomeo di Lorenzo Bianciardi (1754)



Considerando che le antiche testimonianze araldiche di una delle famiglie più importanti del territorio castellinese, qual è stata la famiglia Bianciardi, sono del tutto scomparse o fortemente degradatesi (come lo stemma posto sull’oratorio di S. Francesco in paese), i suddetti cippi di confine rappresentano un importante recupero in termini storico-artistici, testimoniano ulteriormente l’estensione economica di questo nucleo familiare, dunque l’importanza all’interno del tessuto sociale locale, individuando precisamente alcuni possedimenti in località Tregole/Ferrale, oltre a tramandarci un’apprezzabile decorazione araldica ragionevolmente riconducibile ai sec. XVII-XVIII e definibile come l’unica, di questo periodo (sei-settecento), ancora esistente in loco.

Per una questione di tutela, recupero e valorizzazione, si è già richiesto al Sindaco di poter trasferire, quanto prima, almeno uno di questi cippi a Castellina in Chianti, in maniera tale da esporlo all’interno dei locali della Rocca quattrocentesca che già ospita un museo archeologico e alcune decorazioni architettoniche presenti in passato sui palazzi del centro storico.

I soci del Gruppo Salingolpe che hanno rinvenuto i manufatti: Remo Silei, Roberto Manganelli ed Alessandro Viti

A breve distanza, continuando l’escursione, si sono rinvenuti altri due cippi di confine questa volta senza alcun riferimento grafico. Infine, a circa duecento metri in linea d’aria (misura appositamente rilevata in situ) dalla localizzazione dei primi cippi con stemma araldico, una zona, eccessivamente ricca di pietrame vagamente sparso ovunque, ha attirato l’attenzione di tutti. Dopo aver individuato alcune concentrazioni di questi blocchetti di pietra serena e salito un piccolo pendio, siamo giunti in un’area modesta per dimensioni, più o meno circolare, attestante un sito di estrazione; una vera e propria cava di pietra serena.

Piccola cava di pietra serena abbandonata



Il sito è visibilmente abbandonato e non di recente. Molte pietre mostrano evidenti segni di lavorazione. Si è trovato in loco un altro cippo finito nella forma (ben squadrata, quasi piramidale) simile ai primi con stemma araldico ma non riportante alcuna informazione grafica, inoltre si è notata una specie di piccola struttura (capanno?), a pianta pseudo quadrata, non meglio descrivibile.

Per questo sito, al pari di beni culturali già opportunamente schedati presso la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici (mulini, vecchie fornaci, ecc) si ritiene necessaria una verifica/sopralluogo da parte del funzionario responsabile, al fine di censire quest’area ed eventualmente dichiararne l’interesse storico ed etno-antropologico così come dettato dall’art.10, comma 4, lettera h, del Codice dei Beni Culturali (ultima revisione: D. Lgs. N. 63 del 26 marzo 2008).



Vito De Meo [fonte: valdelsa.net]